per chiudere gli occhi…

ed essere solo il suono del mantra…

L’infanzia in Nepal, le violenze del padre, la fuga in monastero.Storia della monaca buddista che si batte per i diritti delle donne.Ci sono tanti modi per lottare. E Any Choying, monaca buddista e divulgatrice eccezionale della sua causa, è riuscita a diventare una cantante famosa nel mondo usando la sua voce in favore di tutte le donne sfruttate e umiliate come racconta lei stessa in La mia voce per la libertà . Nata in Nepal, a Katmandu nel 1971, Ani è ancora una bambina quando, costretta a subire dal padre ogni tipo di violenza, decide di non sposarsi mai e di entrare in un monastero. Lì cresce, supera odio e rancori e riacquista la serenità. Ha una voce bellissima, trova un Maestro che la incoraggia e comincia a cantare i mantra della tradizione contemplativa buddista. E’ determinata, s’impegna al massimo e presto sente di poter uscire dai confini del monastero. E crea la Nuns Welfare Foundation, un’organizzazione non governativa per la formazione e una scuola per giovani monache. La sua via cambia ancora una volta ed è un musicista americano a incoraggiare e ad affinare ancora le sue doti canore. Fino all’eccellenza. Lei ha talento e, mentre lotta per la libertà delle donne e sostiene progetti umanitari per migliorare la condizione femminile, conquista con la sua voce grandi della musica del calibro di Tina Turner, Tracy Chapman o Céline Dion e diventa una star internazionale. Lei ha trentasette anni e ha già vissuto tre vite: da bambina giurò che nessuno avrebbe mai più alzato le mani su di lei. Poi, da monaca buddista, si è battuta per le donne e adesso è famosa come cantante.

Quale convinzione l’ha guidata nel suo percorso?

“Mi piace rispondere con un pezzo di Matthieu Richard tratto dalla prefazione al mio libro. ‘Ani Choying ha cercato di dimostrare come, dopo essere stata fisicamente e moralmente ferita da un padre violento, ha voluto passare dall’odio alla compassione, dalla schiavitù alla libertà e dalla sofferenza alla pace interiore. Compassione non vuol dire privarsi di tutto ciò che c’è di buono nell’esistenza ma liberarsi da mille dolorose costrizioni. L’uccello che vola via non rinuncia alla gabbia, se ne va in un volo gioioso. E questa liberazione Ani Choying non ha voluta realizzarla solo per se stessa. Ha fatto ricorso a tutte le sue risorse al suo entusiasmo e alla sua sensibilità per mettere il suo nuovo stato, instancabilmente, al servizio degli altri: monache senza dimora, bambini poveri che non potevano andare a scuola e così via”.

Quale è oggi la condizione delle donne in Nepal?

“Come ho avuto già modo di dire a Donne di pace, ho constatato più volte che i problemi legati al mondo della donna, alla possibilità di esprimere la propria spiritualità sono molto comuni. Mi sono resa conto che i problemi che ci sono in Nepal, in India sono legati ad una cultura ancora molto patriarcale che penalizza la donna. Nelle città la situazione sta un po’ cambiando, ma nelle regioni più remote del Nepal e del Tibet il legame con la cultura patriarcale ha un peso ancora molto forte. E tutto ciò, ovviamente, ha un’influenza negativa sulla possibilità che le donne hanno di prendere consapevolezza di sé”. Dal monastero alla scuola per la formazione delle giovani monache, l’importanza della musica per la sua causa.

“Sono felice che le mie canzoni siano ascoltate. Non si tratta di sete di successo, né di vanità: non mi interessa nulla di tutto questo. Quello che mi fa piacere è che il mio messaggio sia recepito. Tutti i miei canti parlano d’amore, di condivisione, trasmettono un messaggio di speranza. E più vengono diffusi, più ne sono soddisfatta. Il mio strumento è la voce. Conduco una lotta: contro la povertà e l’ignoranza che fanno sì che in Nepal e nel Tibet alcune ragazze buddiste siano costrette ad abbracciare la religione per evitare l’inferno. Diventare monaca per non essere trasformata in schiava della casa, per non essere data in sposa a un uomo rozzo che la picchierà e la farà lavorare come un mulo. È una storia che conosco bene: sono una di loro”.

Ani Choying, La mia voce per la  libertà,

Traduzione di Anna Pardo, Sperling & Kupfer. pag. 240

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per chiudere gli occhi…ultima modifica: 2009-08-07T08:53:00+02:00da loresansav1
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