Riporto una poesia di Mario Luzi che richiama in me la sensazione che nascosto tra il succedersi delle parole, accade sempre ciò che in noi “è”, ciò che una volta annullati, rimane.
“il pensiero della morte m’accompagna
tra due muri di questa via che sale
e pena lungo i suoi tornanti. Il freddo
di primavera irrita i colori,
stranisce l’erba, il glicine, fa aspra
la selce; sotto cappe ed impermeabili
punge le mani secche, mette un brivido.
tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti a crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi cos’è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.
il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l’esilio e la morte.
tu che sei, io che sono divenuto
che m’aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole!
è incredibile ch’io ti cerchi in questo
o in altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un’età la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.
l’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e da principio. e quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso si annunci di lontano,
è in lui, un soffio basta a suscitarlo.
questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.
la mia pena è durare oltre quest’attimo.
Mario Luzi (1914-2005)