Se le due Anga, Yamas, Niyamas l’igienismo morale autoriferito e sociale sono stati ben assimilati, lo stato del terzo Anga: âsana (la posizione seduta) è facilmente realizzabile, ma se queste due fasi sono perlopiù indifferenti al praticante dello Yoga allora la pratica di âsana sarà un passaggio difficile.
âsana come posizione seduta.
Si tratta di un percorso di equilibrio della colonna vertebrale, delle funzioni vitali equilibrate, âsana esige una grande disciplina. Il corpo viene a trovarsi in una grande immobilità, la mente è come sospesa, il respiro e le sensazioni sono quasi impercettibili e in questo equilibrio-sospeso che gli opposti coesistono e viene a cessare una visione duale del mondo.
âsana intese come posizioni del corpo.
Nella pratica in ascolto delle posizioni del corpo la mente viene costantemente messa di fronte alla scelta tra la volontà di fare e lasciare andare, tra sforzo e giusto sforzo. La sequenza delle posture portano in riequilibrio i toni energetici del corpo: Langhana, Brimhana, Samana, portando il praticante al momento di sedersi nella posizione seduta in meditazione, centrato e in uno stato facile, gradevole comodo (sukham) e con la colonna vertebrale in un equilibrio che si auto-sostiene (sthira) a questo punto i Dvandva non disturbano più e può cominciare la meditazione
I sutra che introducono âsana sono presentati nel secondo libro dall’aforisma 2.46 al 2.48:
Yoga-Sutra, Patanjali Secondo Libro, Sadhana Pada, La Via della strategia
2.46 – Sthirasukham âsana Stabile e comoda il modo d’essere di: âsana
2.47 – Prayatna-shaïtilya-ananta-samâpattibhyâm Lo sforzo appropriato lo scioglimento delle tensioni inutili è il movimento verso l’assorbimento-contemplativo
2.48 – Tato dvandva-an-abhighâtah Grazie a questo non si viene più disturbati dalle risonanze emozionali, dal voler essere da qualche altra parte
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