Quando dico: “mi-sento, mi sono” interiormente, cosa sento?
Spesso ci si trova immersi in una eterea percezione di spazialità, intima sì, in cui ci riconosciamo come “me”, come “identità” , lo yoga insegna che in realtà siamo alla la periferia di noi stessi, credendo di conoscere ciò a cui ci riferiamo e di capirne il significato.
Lo yoga ci guida a fare un passo in più, di entrare negli strati profondi di quella identificazione e ci permette di sperimentare una piena consapevolezza di “ciò che è più profondo” in cui si dispiega, si apre, si disvela “il mio-pieno sé” e se io “mi-Sono”: è qui! Intriso di un profondo sapore, di un grande fascino.
Cercando di isolare “Ciò” che in noi consente di conoscere uno” stato di coscienza più profondo, non-mentale”, si fa esperienza di “ciò” che non è toccato dalla sofferenza-morale. Gli antichi Saggi dell’India chiamarono questo: Ishvara (Dio), Atman (anima, sé, il vero io, spirito), Purusha (persona), Drashtar (testimone, ciò che vede) questi termini sono equivalenti nella filosofia dello yoga.
Questa è la destinazione finale della ricerca dello Yoga.
Dimensione di contemplazione, ma anche di conoscenza, e se abbiamo domande è lì che dobbiamo cercare le risposte.
L’esperienza dello Yoga è un grande Mistero.
Patañjali,Yoga Sūtra, KAÏVALYA Pâda – La Via della libertà
IV, 19 Na tat sva-âbhâsam drishya-tvât.
Il mentale non può conoscersi da se stesso, perché è percepito.
Commento Gerard Blitz: Esso è strumento, il soggetto è la coscienza, in noi generalmente la coscienza è passiva e il mentale è attivo, si tratta di invertire, la coscienza diviene attiva, il mentale passivo.