il significato delle sensazioni…
La nostra tradizione religiosa è in difficoltà poiché non dà risposta ai nostri “perché?” e “perché no?”; non potendo essa ammettere che non c’è risposta, non è più credibile ai nostri occhi.
La fede non si ripristina, i “perché” l’hanno minata e ci hanno lasciati soli. L’estremo perché, “perché c’è qualcosa invece di niente, Dio incluso?”, taglia le radici ad ogni possibile Dio e ad ogni possibile valore assoluto.
A questo punto solo il buddismo può salvarci dalla nostra condizione, perché nessuno mai, né prima né dopo, ha affrontato così radicalmente il niente; nessuno si è mai permesso di guardare così a fondo il niente come il Buddha, ma in Occidente non è ancora stato compreso che ciò che egli ha insegnato è esattamente il rapporto con la nostra esistenza alla luce del niente. Il buddismo può, e non vedo alternative, attecchire in chi vuole riuscire nella non facile operazione di pensare adeguatamente la propria condizione e storia di occidentale; in chi ha subito e accolto i “perché?” dell’Occidente e ne coglie gli effetti nella scomparsa dei valori e nella relativizzazione totale. Divenuto insostenibile un senso ultimo e assoluto, nella cultura d’oggi il senso si riduce solo alle sensazioni che la vita può dare, che diventano obiettivo della vita. […]
Ma che fare quando le sensazioni sono negative e non c’è scampo?
Se il nostro orientamento è solo di perseguire le buone sensazioni, come ci comporteremo quando si presenteranno gravi malattie, lutti, improvvise mancanze?
Dalla mancanza di senso l’Occidentale è cascato in braccio alle sensazioni e all’edonismo che attenuano, mitigano l’angoscia e lo smarrimento, ma le sensazioni non sono garantite né durature. Ciò che il buddismo può insegnarci è un passo ulteriore
(articolo autorizzato alla pubblicazione dal Maestro per divulgazione gratuita)
Tratto da: La fine della tradizione Occidentale e la nascita del Buddismo Europeo, del Maestro Franco Bertossa,Ed. Asia, 2003 pag.18-19