Il Buddhismo indiano…

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Il buddismo indiano nel corso dei secoli si è diviso in tre grandi scuole: Hinayana, si tratta della Via monastica, persegue una morale rigorosa per aggiungere la “liberazione personale”; il Mahayana, che si rivolge sia a laici che a religiosi e che si basa sull’altruismo; e infine una parte del Mahayana, il Vajrayana (buddismo esoterico) in cui si ritrovano l’etica della prima scuola e l’altruismo della seconda. Il buddismo esoterico presenta alcune tecniche psico-fisiologiche di notevole complessità (yoga) che hanno lo scopo di permettere il riconoscimento d’una emergenza contemporanea della sofferenza e della cessazione della sofferenza per giungere alla liberazione. Questo racconto tibetano, di cui esistono numerose varianti, illustra la diversità e la complementarità delle tre scuole:

”L’essere umano,  si trova nella situazione d’un uomo che cammina su un sentiero quando scorge un fiore: egli sa che il suo succo e il suo profumo sono fatali, in quanto rappresentano la quintessenza dei tre veleni fondamentali dell’esistenza: l’ignoranza, il desiderio smodato, la collera-avversione. Il fiore è talmente bello e talmente profumato da incantare l’uomo comune che lo prende e resta così incatenato a una vita condizionata (samsara) in cui patirà sofferenze continue. L’adepto dell’Hinayana si rende conto del pericolo e prosegue il cammino senza raccogliere il fiore; grazie alla disciplina (vinaya) e agli insegnamenti fondamentali (sutra) egli ha raggiunto uno stato in cui è libero da qualsiasi forma di sofferenza (nirvana), colui che pratica il Mahayana si rende conto del pericolo come colui che l’ha preceduto  ma è animato da sentimento altruistico e allora recide il fiore, spiegando agli altri viandanti che è potente veleno; rifiuta una liberazione dalla sofferenza solamente per sé e s’impegna. vita dopo vita, a operare per il bene comune: egli è un bodhisattva. Ma il suo sacrificio non ha valore in quanto il fiore si riforma immediatamente. Arriva allora un uomo che pratica il Vajrayana; anche lui individua il pericolo, anche lui è altruista, ma i libri esoterici (tantra) gli hanno insegnato le tecniche che permettono di trasformare il veleno in benefico elisir. Egli mangia allora il fiore  e anche le sue radici senza restare avvelenato; questa volta il fiore non rinascerà  più: per lui un’esistenza sottoposta a condizioni e la liberazione hanno un significato unico; qualsiasi situazione è favorevole a un evento dello spirito.

     Storia del Tibet – I segreti di una civiltà millenaria,

 pag. 23, Laurent deshayes, Ed. Newton & Compton Editori

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Il Buddhismo indiano…ultima modifica: 2008-06-13T09:00:00+02:00da loresansav1
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